La restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica-EL XX CONGRESO,(el golpe de estado) ,el Thermidoro de Jruschov

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IL XX° CONGRESSO ED IL TERMIDORO DI KRUSCEV

La restaurazione del capitalismo in Unione Sovietica: enorme, complesso ed attuale problema, tutte le classi sociali, le forze politiche e quelle ideologiche, danno una loro interpretazione secondo i loro interessi e le loro concezioni. Ai comunisti e ai progressisti preme comprendere questo fenomeno regressivo per poter affrontare in modo adeguato le future esperienze rivoluzionarie, le quali si proporranno ad uno stadio e in una dimensione enormemente superiori. Tralasciamo, in questo contributo, sia l’analisi delle interpretazioni del fenomeno kruscioviano date dalla borghesia e dalla reazione, sia quelle avanzate in questi decenni dalla piccola borghesia “rivoluzionaria” urbana e contadina, dai nemici del progresso sociale, dell’ideologia proletaria, i calunniatori delle lotte eroiche che le classi oppresse hanno condotto sulla via che porterà al comunismo. Per lo stesso motivo, non faremo una ricostruzione storica del krusciovismo, nè una confutazione dettagliata delle sue teorie, che si sono concluse miseramente con la tesi di Gorbaciov, per niente originale, che il comunismo é un’utopia. Partiamo perciò dal dato concreto, il più eloquente: la borghesia da decenni, in Unione Sovietica, ha preso il potere. La lotta di classe della borghesia contro la dittatura del proletariato, la sua forma se così possiamo dire, più sofisticata, avviene sul terreno della TEORIA qui sta il “tallone d’Achille”del sistema di transizione: il socialismo. Si é detto giustamente che il burocratismo é stato un fattore della restaurazione, ma il burocratismo é un prodotto della pressione e della degenerazione borghese, non é la classe borghese; si é sostenuto a ragione che la divisione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, il notevole peso sociale dei tecnici, l’esistenza diffusa tra le masse dell’ideologia borghese, sono limiti che possono portare, in certe condizioni, al riflusso, ma queste sono realtà ovvie, presenti in tutte le società di transizione al comunismo, ed è proprio uno dei compiti del socialismo risolvere questi problemi. Si è sottolineato in tutti i modi, i pericoli derivanti dalle pressioni di ogni tipo dell’imperialismo, ma malgrado ciò quest’ultimo ha vinto. Sappiamo che i primi compiti della dittatura del proletariato sono la liquidazione della base economica di esistenza della borghesia, della proprietà privata dei mezzi di produzione (attuando poi il principio socialista: da ognuno secondo le sue possibilità, ad ognuno secondo il suo lavoro), e la creazione graduale delle basi materiali e culturali per il comunismo (da ognuno secondo le sue possibilità – totalmente sviluppate, con il superamento dell’antagonismo fra il lavoro manuale e quello intellettuale -, ad ognuno secondo i suoi bisogni, grazie all’abbondanza dei prodotti e l’esaurirsi della Legge del valore e quindi della circolazione mercantile e monetaria). Ma i compiti del socialismo, sopra elencati sinteticamente, e l’esperienza lo ha dimostrato, non sono tutto il problema. Dov’è la borghesia perchè continua ad esistere pur non disponendo più fondamentalmente della sua base economica? In che cosa consiste la sua forza e la sua pericolosità? Perché prende il potere nel cuore stesso del Partito? Un dato storico é certo: i rappresentanti più “famosi” dell’ideologia antisocialista (ad esempio Trotzkij e Bukharin) non erano dei burocrati, e si consideravano dei comunisti. E così pensavano Krusciov, Breznzv, ecc. Rileggendo il rapporto a XIX Congresso del PCUS (b) (1952), di Malenkov, o ripensando alla “Grande Rivoluzione Culturale” cinese o alla “Rivoluzionarizzazione” in Albania, che tutti posero il problema della lotta contro il pericolo della restaurazione, la domanda si ripete: dov’é la borghesia? Dove e come opera? Il fatto é che la borghesia, con la sua ideologia proprietaria, conserva per un lungo periodo, per generazioni, un enorme potere in campo teorico e più precisamente sul terreno filosofico. Lenin ha sempre sottolineato l’importanza della lotta all’ideologia piccolo-borghese, specie contadina, e come il revisionismo moderno sia nel contempo il prodotto dell’imperialismo internazionale, ma alla luce dell’esperienza negativa, noi pensiamo che vada, posto al centro dell’attenzione la questione della liquidazione del dominio teorico della borghesia. Vediamo in concreto. Fin dalla sua fondazione il Partito Operaio Socialdemocratico Russo ha avuto nel suo seno una corrente (i menscevichi) che teorizzava che in Russia si poteva passare al socialismo solo dopo che il capitalismo si fosse affermato e completamente sviluppato. Che cosa era questa teoria se non il tentativo della borghesia di affermare il suo potere? Questa tesi fu sostenuta da Bogdanov, da Trotzkij e da Bukharin, e fu il retroterra teorico da cui germogliarono poi le linee di politica economica sostenute dall’economista Yaroshenko, da Krusciov e dai suoi seguaci. Naturalmente tra tutti costoro vi erano motivazioni politiche diverse, e tutti erano convinti di essere marxisti, ma non lo erano, come la Storia ha dimostrato. Qual era il fondamento delle loro deviazioni? Era la loro base teorica. Avevano abbracciato l’idea comunista, l’ideologia, ma erano portatori di forme del pensiero, che erano patrimonio della millenaria ideologia dello sfruttamento. L’empiriocriticismo, l’idealismo, il razionalismo, la metafisica e così via. Ognuno di loro dunque ha agito in condizioni storiche diverse, ma tutte le loro tesi portavano, ed hanno portato, al capitalismo. Essi erano, poco importa se consapevoli o meno, agenti della borghesia; incapaci di far propria la teoria del proletariato: il materialismo dialettico e storico. La Storia ci insegna che la rivoluzione proletaria vince quando la classe afferma la sua egemonia sul piano teorico, e viceversa perde il potere quando perde questa egemonia nel Partito. Così è stato con Lenin e Stalin, e al contrario con i kruscioviani; la rivoluzione coincide con un’alta tensione teorica e genere i suoi teorici, i suoi capi. E non é un caso che contro questi ultimi si accaniscano i “rivoluzionari” piccolo borghesi e i nemici della classe operaia. Come vedremo in seguito la cosiddetta “critica al culto della personalità di J. Stalin” aveva in realtà lo scopo di colpire la teoria del socialismo del grande bolscevico. Non stiamo qui sostenendo, ovviamente, tesi nichiliste, tutta la cultura progressista è patrimonio dei popoli, del loro cammino storico e come tale va studiata e conservata. Ma perchè, ci si può chiedere, la borghesia difende con accanimento il suo mondo nel campo teorico: della concezione del mondo, della società e del pensiero, della filosofia? Perchè è consapevole che la perdita del primato teorico (dopo quello economico) costituisce la disfatta finale. Perchè essa sa che dalla metafisica e dall’idealismo derivano forme del pensiero scientifico, Leggi e categorie, che applicate alla politica o all’economia, possono ostacolare la rivoluzione contro il mondo borghese, fino a restaurarlo. Tutta la storia delle classi in declino mostra l’importanza che queste hanno dato alla difesa accanita delle loro concezioni. Il pensiero è una forma della materia, ed esso può divenire un’enorme forza politica, materiale, in grado di cambiare lo stato delle cose. La borghesia sa che la trasformazione controrivoluzionaria della sovrastruttura conduce all’alterazione della base economica. Quando avviene il primo, importante, cedimento del PCUS (b) di fronte all’offensiva teorica della borghesia? Com’è noto, nel Plenum del Comitato centrale del PCUS (b) del marzo 1937 Stalin enuncia una serie di tesi sul pericolo della restaurazione del capitalismo, e cioè: socialismo e imperialismo sono fenomeni interdipendenti, che si condizionano reciprocamente, l’imperialismo non è solo una condizione esterna; la lotta di classe contro la borghesia continua nel socialismo, in forma ancora più acuta sul terreno teorico e politico (non fra gli operai, i contadini e la intellettualità rivoluzionaria ovviamente); il socialismo crea le sue forme, ma queste possono essere svuotate del loro contenuto di classe. Ed attorno al principio della lotta di classe nel socialismo, del suo carattere acuto, che si scatena la lotta teorica e l’opposizione, al punto che questa tesi verrà sottaciuta e manipolata negli anni seguenti, spingendo Stalin a dichiarare durante la II° guerra mondiale: “Io so che dopo la mia morte sulla mia tomba verrà portato un mucchio di rifiuti, ma il vento della storia lo spazzerà prima o poi via senza pietà. Io non credo che questo succederà presto perchè è molto probabile che nel prossimo futuro i bukhariniani, gli antistalinisti ferventi, prenderanno il potere in questo paese” (Molotov- “Memorie”). Dunque le concezioni borghesi non restano relegate nel campo accademico, esse scendono nell’arena della lotta di classe, sul terreno fondamentale della scienza economica. Perchè penetrano nell’economia politica e con meno vigore nella fisica, nella biologia o in altre scienze? perchè la borghesia comprende appieno che è sul terreno della politica economica che essa può svolgere un’opera di freno e di deviazione. Certamente la borghesia si appoggia all’imperialismo, approfitta dei limiti del socialismo, e si allea con l’aristocrazia operaia, con i tecnocrati e con l’apparato, là dove si è burocratizzato, ma è lei in quanto classe nazionale e internazionale che agisce con gli strumenti che gli sono rimasti. E la borghesia in Unione Sovietica non ha mai smesso la lotta contro la dittatura del proletariato: quando si oppose alla presa del Palazzo d’Inverno (Kamenev e Zinoviev), quando lottò contro la tesi leninista della possibilità della vittoria del socialismo in un solo paese (Trotzkij), quando riteneva impossibile edificare il socialismo e sconfiggere il nazifascismo (Bukharin, Radek e soci), e anche dopo la sconfitta di questi agenti ideologici e politici. Le epurazioni del 36 – 37 e 38, la vittoria sul nazismo, la creazione del grande Campo Socialista e le grandiose vittorie dell’edificazione socialista nell’URSS, non interruppero l’opposizione della borghesia, la quale cambiò solo le tattiche, le forme. Annichilita dalla politica di Stalin essa si camuffò da leninista e dalle sue roccaforti ideologiche, manovrò sul terreno della teoria, nel centro nevralgico della dittatura del proletariato, per riprendere il potere. L’attento riesame, come dicevamo, del dibattito teorico e politico non solo degli anni ’30, ma soprattutto del periodo successivo al secondo conflitto mondiale (1946-1955) per non parlare degli anni che seguirono, evidenzia l’esistenza di due linee nel PCUS (b). Quella di  Stalin che pone al centro dell’edificazione del comunismo la lotta di classe e quella che in modo abbastanza raffinato di fatto la nega, ponendo l’accento prevalentemente “sull’unità politica, ideologica e morale della società sovietica”. Tendenza che sottolinea si, come vedremo, la pressione ideologica esercitata dall’imperialismo, l’esistenza di estesi fenomeni burocratici e di serie carenze della democrazia proletaria, ma che nega il principio della lotta di classe quale condizione imprescindibile per poter costruire il comunismo (quale: conditio sine qua non). Emerge dunque evidente dalla documentazione, che mentre la tesi di Stalin, viene avvolta da una cortina fumogena (con altisonanti affermazioni sulla vigilanza del Partito contro i nemici, sul ruolo della critica e dell’autocritica, sulla necessità fondamentale del lavoro ideologico), si tace sulla teoria della lotta di classe. Vi è una pubblicistica che da un colpo al cerchio e uno alla botte, proclamandosi “staliniana” in cui vanno inclusi i membri del Presidium del PCUS e accademici come Kostantinov, Ostrovitianov, Rosenthal (per citarne alcuni) e altri, come gli economisti già citati, Voznesensky e Yaroshenko, che vengono invece apertamente allo scoperto, (emarginati con Stalin vivente e dopo riabilitati). Vediamo alcuni fatti, per cogliere sul nascere l’avvento del krusciovismo. Nel suo Rapporto al XIX Congresso del P.C. (b) dell’URSS (5 ottobre 1952) Malenkov così diceva: “il lavoro ideologico è il compito principale del partito, e la sottovalutazione di questo lavoro potrebbe causare un danno irreparabile agli interessi del partito e dello Stato. Noi dobbiamo tenere a mente sempre che ogni qual volta si indebolisce l’influenza dell’ideologia socialista, si rafforza l’influenza dell’ideologia borghese. Nella nostra società sovietica non esiste, e non può esistere una base (nota) di classe per il dominio dell’ideologia borghese. Nel nostro Paese domina l’ideologia socialista, in cui incrollabile fondamento è il marxismo-leninismo. Nondimeno, noi abbiamo ancora residui (nota) dell’ideologia borghese, sopravvivenze della psicologia e della morale della proprietà privata. Queste sopravvivenze non si estinguono da sole, esse sono molto tenaci e suscettibili di sviluppo e contro di esse va condotta una lotta risoluta (…) Elementi ,a noi estranei, provenienti dai residui della feccia antileninista sconfitta dal nostro partito, cercano di allungare le mani su quei settori del lavoro ideologico” e così via.

Si può qui constatare come si dia per scontato il fatto che esistendo la base socialista, non possano esistere le condizioni “per il dominio dell’ideologia borghese”, e come si dia per certo il dominio dell’ideologia socialista, per cui il pericolo può venire unicamente “dai residui della feccia antileninista”. Il problema quindi non viene visto nella sua complessità, come superamento critico del patrimonio culturale della borghesia; non è inteso come una lotta di classe continua. Si sottovaluta di fatto la funzione enorme che ha l’ideologia borghese in campo internazionale. Il fatto che le concezioni borghesi si ripropongano con i nuovi problemi che vengono sulla via del comunismo. Inoltre si pone l’accento sull’ideologia, riguardo la teoria in senso stretto, la si dà per acquisita e minacciata solo dai gruppi antileninisti. Da questa impostazione ne deriverà il dogmatismo, l’incomprensione della profondità e complessità della lotta alle concezioni borghesi che hanno un’enorme forza di rigenerazione, e quindi, il rifiuto della lotta di classe sia nella teoria, che nei rapporti di produzione. Il passo successivo sarà infatti conseguente. Citiamo un solo esempio. Tre mesi dopo la morte di Stalin appare sul numero 8 (maggio 1953) della rivista teorica “Kommunist” un lungo e autorevole articolo colmo di richiami a Lenin e a Stalin contro “teorie reazionarie” che esaltano “personalità elette” che sarebbero le uniche e decisive “artefici della Storia”, “contro il culto della personalità” principio questo sostenuto sempre da Marx, Engels, Lenin e da Stalin, quindi condivisibile; solo che ci si chiede: lo scopo di questo ponderoso articolo era quello di porre fine al culto della burocrazia che si mascherava dietro le lodi alla ciclopica personalità di Stalin, oppure era un altro? Era un altro! Si afferma inoltre nell’articolo in questione: “Nella attuali condizioni di sviluppo della nostra società in cui non esistono classi antagoniste e che è unita moralmente e politicamente, non esiste nemmeno la base sociale delle deviazioni nel Partito”. Ecco il nocciolo della critica a J. Stalin! Seguiranno poi, in un crescendo, centinaia di altri articoli di questo tenore, che si concluderanno con il Rapporto segreto di Krusciov al XX Congresso del PCUS (1956), contro Stalin, il quale servirà a coprire la linea di totale tradimento del socialismo e del marxismo-leninismo con le “teorie” dello Stato e del partito di tutto il popolo e del passaggio pacifico al socialismo. Un’ultima citazione a questo proposito. nel volume “Le radici della filosofia marxista” (Osnovy marksistskoj Filosofi – Mosca, 1958) opera di autori un tempo stalinisti, come ad esempio Kostantinov e Rosenthal, si dice fra l’altro: “Queste differenze radicali (fra la prima fase del socialismo, e una presunta seconda, che sarebbe caratterizzata dall’unità politico-sociale e ideologica di tutto il popolo (N.d.R.) erano ignorate dalla nota tesi di Stalin secondo cui la lotta di classe si sarebbe dovuta acutizzare sempre più man mano che crescevano le forze del socialismo. Questa tesi di Stalin, inconsistente in teoria e contraddicente al marxismo , si prosegue nel libro, arrecò serio danno alla causa dell’edificazione socialista; all’interno del Paese non esiste più il terreno per una lotta tra le classi. La punta della lotta di classe risulta rivolta all’esterno… Rimane anche la necessità di lottare contro l’influenza ideologica del mondo capitalista… ci sono ancora elementi antisociali e criminali… Hanno uno sviluppo omnilaterale le funzioni principali dello Stato socialista, l’economico-organizzativa (nota) e l’educativo-culturale…”. La divaricazione fra la linea di Stalin e quella dei successori è esplicita. Stalin, pochi mesi prima di morire, nell’opera “Problemi economici del socialismo nell’URSS” scriveva invece: “Non è vero… che nel socialismo la funzione autonoma dei rapporti di produzione, vale a dire economici scompaia… Il marxismo considera la produzione sociale come un tutto, che ha due aspetti inseparabili: le forze produttive della società (…) e i rapporti di produzione… Yaroscenko ci dà qualcosa sul tipo della “Scienza generale dell’organizzazione” di Bodganov (nota)… Il compagno Yaroscenko sbaglia affermando che nel socialismo non esiste nessuna contraddizione tra i rapporti di produzione e le forze produttive della società… Contraddizioni esistono senz’altro ed esisteranno… Con una giusta politica degli organismi dirigenti queste contraddizioni non possono trasformarsi in contrasto, e non si può giungere a un conflitto tra i rapporti di produzione e le forze produttive della società. Ma non sarebbe così se facessimo una politica sbagliata, del genere di quella raccomandata dal compagno Yaroscenko. In tal caso il conflitto sarebbe inevitabile, e i nostri rapporti di produzione potrebbero trasformarsi in un freno molto serio dell’ulteriore sviluppo delle forze produttive ma sarebbe una cecità imperdonabile non vedere che in pari tempo questi fenomeni cominciano già adesso a frenare il potente sviluppo delle nostre forze produttive…”. Questa magistrale opera di Stalin la si può considerare il fondamentale contributo che egli ci ha voluto lasciare affinchè si proseguisse sulla giusta via e si sviluppasse la teoria e la pratica della rivoluzione comunista. In Stalin c’era dunque la consapevolezza che i nemici della classe operaia continuavano ad agire nel campo della sovrastruttura; egli ci indica chiaramente la continuità che esiste fra Bogdanov, Bukharin e Yaroscenko.

Krusciov e i suoi compari sono stati il personale politico di questi nemici del comunismo. Possiamo affermare inoltre che la critica che il nostro Movimento ha fatto del moderno revisionismo si è svolta fondamentalmente sul terreno ideologico proposto dagli immediati successori di J. Stalin. E’ mancato l’aggancio al nucleo teorico delle indicazioni staliniane; e quando questo aggancio è avvenuto (Albania e Cina), o non ha avuto un approfondimento adeguato, oppure ha subito deformazioni di tipo soggettivistico, economicistico, nazionalistico o anarcoide. Per questo motivo ancora oggi accade che si attribuisca al socialismo e ai comunisti in quanto tali le cause del fallimento, proprio per l’incapacità nostra di approfondire l’analisi delle esperienze, per cui semplicisticamente si afferma o che non è possibile costruire il socialismo in un solo Paese, o che la sconfitta è da attribuire al “modello staliniano” (ma la Cina, il Viet Nam o altre esperienze smontano questa tesi), oppure, come si è detto, all’incapacità di far fronte alle pressioni di ogni tipo dell’imperialismo, al verticismo e così via. Se a Krusciov la condanna di Stalin serviva ad impedire un ritorno alle sue teorie, agli attuali “critici” di Stalin il suo rifiuto serve per attaccare il leninismo. In verità si avverte una difficoltà al superamento critico del moderno revisionismo, all’applicazione rigorosa e non dogmatica del materialismo dialettico e storico, anche nel nostro Movimento, oltrechè ovviamente nei partiti e movimenti dell’ex Campo Socialista. Sono istruttive a questo proposito le memorie di Kaganovic e Molotov, quest’ultimo rientrato nel PCUS nel 1984. Quattro decenni di attività del revisionismo hanno provocato confusione e pesanti ritardi nello sviluppo della teoria filosofica e in quella economica; deviazioni che hanno portato alla sconfitta. E’ vero che di fronte alla Storia il Movimento Comunista è ancora un fanciullo, certo è che oltre alle grandiose trasformazioni della struttura economica, bisogna far seguire, sulla base dei nostri grandi pensatori classici, una rivoluzione del pensiero che demolisca il primato culturale della borghesia, come quest’ultima fece con G. Rousseau e F. A. Voltaire e che portò al 1789. Forse abbiamo sopravvalutato i cambiamenti dell’uomo socialista, questi cambiamenti avvengono molto più lentamente di quelli della struttura economica. Inoltre le componenti sociali nazionali che si sono fuse con i movimenti comunisti nel quadro di grandi processi rivoluzionari, hanno preso con il tempo il sopravvento, grazie alla forte presenza di correnti di pensiero rivoluzionarie piccolo borghesi, sconfiggendo le concezioni del proletariato (il leninismo). Deve far riflettere il fatto che spesso siano proprio i compagni d’arme di V. I. Lenin, di J. Stalin o di altri rivoluzionari, gli artefici della restaurazione; ad esempio, N. Krusciov fra il XX e il XXII Congresso del PCUS espulse oltre un milione e mezzo di quadri comunisti. Dunque, i limiti obiettivi di una rivoluzione (la presenza di una massa notevole di piccoli produttori contadini, di una micro borghesia urbana, la superiorità dei lavoratori della cultura su quelli del braccio, la diffusa ideologia delle precedenti società dello sfruttamento, la multiforme e feroce attività controrivoluzionaria dell’imperialismo) costituiscono grandi problemi nel cammino verso il socialismo e il comunismo, ma la questione che decide di tutto è l’esistenza di un Partito capace di guidare la classe operaia sulle vie inesplorate della più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai conosciuto; un Partito quindi in grado di liquidare non solo la proprietà borghese, ma anche di superare criticamente, lo ribadiamo, l’enorme patrimonio teorico che le società dello sfruttamento hanno accumulato. La possibilità che si rigeneri la borghesia nei paesi socialisti ha potenzialità dunque nel carattere stesso di questi regimi, per questo J. Stalin ha sempre sostenuto che la lotta di classe è il fondamentale contenuto delle lotte per il socialismo, sia nel campo dei rapporti economici, che nella sfera ideologica e teorica; la controrivoluzione iniziò al vertice, sui terreni teorico, ideologico e politico, in continuità con la linea Bogdanov-Bukharin, mentre la base economica della nuova borghesia fu acquisita totalmente negli anni brezneviani, grazie alle misure kruscioviane relative alla pianificazione, alla gestione dei mezzi di produzione e alla sfera della distribuzione. Le tesi di Bogdanov, Trotzkij, Bukharin, Yaroscenco, Krusciov, positivistiche e razionalistiche, quindi idealistiche e antidialettiche, condussero all’affermazione di alcuni dogmi metafisici che portarono al caos, alla stagnazione e alla restaurazione in ogni campo. Come il dogma anti dialettico della fine della lotta di classe, o il dogma che la forma della proprietà statale coincide con il socialismo, per cui nelle condizioni dell’URSS non poteva esistere nessuna forma di proprietà borghese. La forma veniva scambiata per il contenuto e nulla si diceva sui reali rapporti economici che costituiscono l’essenza di un regime sociale. E così la borghesia ha ripreso il potere. Rileggiamo le parole di N. Bukharin al processo che si svolse alla presenza di giornalisti e diplomatici occidentali:”Se si vuole formulare, in pratica, la mia piattaforma programmatica, essa sarà la seguente, per quanto riguarda l’economia: il capitalismo di Stato, il mugiko agiato che gestisce i suoi beni, la riduzione dei kolchoz, le concessioni straniere, l’abbandono del monopolio del commercio estero e, come risultato, la restaurazione del capitalismo nel nostro Paese”, “…All’interno del Paese, il nostro programma infatti era, e a mio parere bisogna dirlo a chiare lettere, uno scivolamento verso la libertà democratica borghese… la libertà dei partiti”. La conclusione dunque è che nel socialismo le cause oggettive creano solo la possibilità della nascita del revisionismo, mentre sono i fattori soggettivi a trasformare questa possibilità in realtà. I fattori soggettivi sono costituiti in primo luogo dalla minore o maggiore capacità del Partito, del suo gruppo dirigente, di essere all’avanguardia del pensiero, di riconoscere le deviazioni revisioniste e di opporsi ad esse. Tutte le esperienze rivoluzionarie di questo secolo sono state caratterizzate dalla presenza di forti tendenze ideologiche piccolo borghesi, in antagonismo con il leninismo. Quest’ultimo è stato continuamente contrastato nell’URSS, poco assimilato o deformato in campo internazionale. Riassumendo, il proletariato si è trovato e si troverà sempre, nella sua lotta per il comunismo, circondato dalla piccola produzione che genera continuamente il capitalismo e la borghesia, sarà per lungo tempo minacciato dai tentativi della piccola borghesia e dall’aristocrazia operaia di assumere la direzione della lotta, per questo il proletariato deve demolire tutte le relazioni sociali che corrispondono ai rapporti di produzione capitalistici, “…per il sovvertimento di tutte le idee che germogliano da queste relazioni sociali”. (K. Marx, Le lotte di classe in Francia) Con V. I. Lenin e con J. Stalin il proletariato ha vinto; con il titoismo, il krusciovismo, il maoismo, il castrismo, ecc. il nostro Movimento è stato sconfitto, questo è un dato di fatto. Abbiamo detto che la borghesia conduce il suo attacco più sofisticato sul terreno teorico specie nella scienza economica e che nell’opera già citata di J. Stalin abbiamo una fonte inesauribile per capire come la borghesia agisca per bloccare la dialettica della rivoluzione, per arrestare il processo. Essa a questo scopo, ripropone in forme sempre nuove la metafisica, per alimentare così l’idealismo e il soggettivismo in politica. A questo proposito il dibattito avvenuto in URSS, e durato un ventennio, attorno al “Manuale di Economia Politica” e che ha investito tutti i problemi di filosofia e di economia è illuminante. Non si è trattato di una discussione accademica, ma del destino del socialismo in URSS, per questo motivo entreremo brevemente nel merito, avendo come punto di riferimento l’affermazione di F. Engels, secondo cui la struttura economica è la base, la fonte, di ogni società, ma che anche la gigantesca sovrastruttura gioca un grande ruolo nei processi storici. La borghesia, i nemici del socialismo, in Unione Sovietica hanno impedito la costruzione del comunismo, previsto entro 15 anni a partire dal 1941. Essi hanno agito ovviamente nel Partito unico esistente, sostenendo che non vi era più la necessità di rivoluzionare i rapporti sociali. Che spontaneamente il socialismo si sarebbe trasformato in comunismo grazie al solo sviluppo delle forze produttive; la “teoria delle forze produttive” era l’ideologia opportunistica della II° Internazionale, un derivato del positivismo borghese. Il positivismo, dicevamo, negava e nega la dialettica oggettiva, le contraddizioni, specie nel campo sociale, in questo modo nega l’esistenza delle Leggi della trasformazione rivoluzionaria ininterrotta, specie delle Leggi generali (filosofiche). L. Trotzkij e N. Bukharin sono stati due esempi “classici” di positivismo. Questa corrente di pensiero borghese non tenendo conto, non studiando in modo concreto lo svolgersi dei processi reali, costituisce il presupposto per il soggettivismo più sfrenato, si vedano: la teoria della “rivoluzione mondiale” di L. Trotzkij, che si sarebbe dovuta imporre alla realtà, con il semplice atto della volontà, e la teoria di N. Bukharin secondo cui con il socialismo finiva l’economia politica, per cui non esistevano più Leggi economiche e si poteva applicare “liberamente” qualsiasi politica economica, senza danno per la costruzione del socialismo e del comunismo. Egli stesso al processo che lo avrebbe condannato, ammise infine, come abbiamo visto, quali conseguenze la sua linea politica avrebbe causato. La sua linea fu poi portata avanti da altri, ed ebbe in N. Krusciov il suo massimo esecutore. Quest’ultimo, come è noto, fu accusato dagli stessi suoi compari, di soggettivismo e indicato come il solo responsabile del caos politico ed economico. Come aveva ben intuito J. Stalin, i bukhariniani mentre da un lato, formalmente negavano le Leggi obiettive dell’economia socialista, dall’altro, con questo sofisma, mascheravano il fatto che così argomentando davano libero sfogo a quelle Leggi borghesi e categorie che il socialismo eredita dal capitalismo e che nel nuovo regime, cambiando il loro carattere, devono gradualmente esaurire la loro funzione e dare via libera alle nuove Leggi economiche del socialismo che consentono il passaggio al comunismo. E’ questo il nocciolo del problema! E’ da queste concezioni che traggono origine tutte le tesi politiche ed economiche del krusciovismo. La tattica della borghesia era semplice: mascherarsi con formule ultrasinistre quindi non imputabili di opportunismo borghese, per agire liberamente sotto la maschera comunista. Ma entriamo nel merito. Il gigantesco (e democratico) dibattito svoltosi nell’URSS, prima e dopo il XIX Congresso del PCUS(b), mise in luce tutti i problemi, specie grazie all’opera di J. Stalin “Problemi economici del socialismo nell’URSS”. L’offensiva del nucleo staliniano si articolò in tutte le scienze: filosofia, economia politica, Diritto, Storia, ecc.; ma da subito apparve evidente l’enorme forza ideologica che conservava la borghesia. La morte di J. Stalin e le carenze del gruppo dirigente fecero si che emergessero i limiti storici che la rivoluzione bolscevica ereditava, trentacinque anni di guerre interne e internazionali, di sforzi sovraumani per creare le basi materiali e culturali del socialismo, di lotte politiche laceranti e senza esclusione di colpi contro le correnti antileniniste, tutto ciò ostacolò l’affermazione delle concezioni marxiste-leniniste. E proprie del momento in cui si poneva l’obiettivo di marciare verso il comunismo, come J. Stalin previde, si scatenò l’ennesima offensiva della borghesia, attraverso i suoi ideologi. Ci sembra di poter affermare che il limite di quei quadri comunisti che sostenevano le giuste posizioni marxiste-leniniste fu quello di credere che le deviazioni teoriche e politiche sarebbero state sconfitte grazie al potente sviluppo ininterrotto della società sovietica. Le deviazioni erano si comprese come un pericolo molto serio e frutto delle concezioni borghesi, e come tali vennero denunciate, ma si pensava che fosse sufficiente la lotta ideologica e non si previde che queste deviazioni divenissero forza politica e prendessero il potere. Va pure detto che non esisteva una precedente esperienza storica, ma c’erano le indicazioni esplicite date da Stalin, comunque un dato è certo: il nucleo staliniano era minoritario. Non va dimenticato che le correnti anti-leniniste erano assai forti negli anni ’30. N. Bukharin cercò di abbattere la Direzione di J. Stalin e di V.L. Lenin ( lo ammise di fronte a quest’ultimo). Alcune fonti dicono che J. Stalin ad un Congresso non fu eletto nel C.C. e in almeno un’occasione, egli sottopose al C.C. le sue dimissioni. Si conferma da tutto ciò la nostra tesi che una rivoluzione socialista ha di fronte un ostacolo enorme, forse sottovalutato perchè sconosciuto nella sua capacità di resistenza, quello appunto delle vecchie concezioni delle vecchie società. Questo era ancor più vero per un Paese come l’URSS che nasceva da un mondo feudale e che aveva un’intellighenzia debole e arretrata. Dal dibattito sollevato dai nemici delle tesi di J. Stalin emergono in sintesi queste concezioni: l’idealismo, per cui si trasformava l’oggettivo in soggettivo (e viceversa), e veniva capovolto il principio materialistico nelle diverse scienze si affermava il principio idealistico della dipendenza delle leggi oggettive dallo sviluppo della coscienza. Numerosi studiosi avevano difficoltà a passare dall’apparenza dei fenomeni alla loro essenza, per cui -per costoro- le categorie borghesi non esaurivano gradualmente la loro funzione, nel loro contenuto, nella fase del socialismo. Da questa impostazione sorgeva il volontarismo, secondo cui, le Leggi e le categorie verrebbero trasformate dalla volontà; si diffondeva il formalismo, per cui non si coglieva il nuovo contenuto sociale che avanzava, la dialettica dei rapporti sociali, e prendeva piede la scolastica; si ignorava quindi l’indicazione di J. Stalin secondo il quale il vecchio conserva la forma ed essa serve per un certo periodo il nuovo. E che, nell’economia politica, “I nuovi rapporti di produzione sono quella forza principale e decisiva che determina nel vero senso della parola l’ulteriore forte sviluppo delle forze produttive” e che ciò “rappresenta uno dei principali elementi della dialettica materialistica marxista” (J. Stalin). Le concezioni errate, l’aver dimenticato e sottovalutato l’indicazione di Lenin che “non esistono strutture economiche pure” favorì quella tendenza all’avventurismo economico, quel pericolo grandissimo indicato da J. Stalin per cui con L.D. Yaroscenco abbiamo “una specie di primato dell’ideologia borghese sull’ ideologia marxista”. Infatti, l’idealismo soggettivo identificando l’oggettivo con lo spontaneo portava all’identificazione del capitalismo con il socialismo, con un danno irreparabile alla causa rivoluzionaria, con N. Krusciov questo ciarpame ideologico prese il sopravvento provocando il caos teorico. Lo studio, (la ricerca filosofica) si fossilizzò e si staccò dalle scienze specifiche. Nell’economia politica questa separazione tra filosofia ed economia portò alla metafisica, alla concezione che esiste una piena corrispondenza tra forze produttive e rapporti di produzione (Glezerman); alla teoria secondo cui esistendo l’economia mercantile ( fra Stato e Kolchoz) la Legge del valore regola la produzione e la distribuzione della mano d’opera; alla tesi che la mano d’opera è una merce ( Merzenev e Mikolenko), che la categoria del Capitale è applicabile all’economia socialista (Jakovlev), che esiste il tasso medio di profitto (Atlas), e così via. L’apparire (1945 – 1952) di questi aridi schemi metafisici fu denunciato, specie negli anni ’52 – ’53, ma si pensava che non ci fosse una forza in grado di organizzare una efficace resistenza e opposizione alle forze del socialismo, e questo, come abbiamo più volte detto, fu l’errore strategico. L’offensiva ideologica borghese si dispiegò in molte altre scienze, nel campo giuridico ( Polianskij e Strogovic), nella storia ( Pokrovkij), nell’archeologia (Mar), ecc. Sbagliano comunque i nostri nemici (specie i trotzkijsti) quando con il loro idealismo schematico sostengono che il socialismo fu sconfitto e non si giunse al comunismo perchè non ci si attenne ad un modello ideale precostituito, modello che Marx, Engels e Lenin non si sognarono mai di proporre, giacchè un simile modo di pensare è tipico del socialismo utopistico. “In Marx non c’è neppure l’ombra del tentativo di creare utopie, di indovinare ciò che non è possibile sapere” (V.I. Lenin, Opere vol. 25). Ma ritorniamo all’economia politica. L’acceso dibattito che proseguì anche durante la guerra e che non a caso fu seguito con molto interesse dalla stampa specializzata negli USA, verteva dunque sulla teoria borghese del “socialismo di mercato”, oggi in voga ad esempio in Cina. Nel “Manuale di economia politica” pubblicato nel 1954 le due questioni principali indicate da J. Stalin furono “sfumate”, “dimenticate” e cioè la teoria del ruolo dei rapporti di produzione e il principio di introdurre gradualmente lo scambio dei prodotti invece della circolazione mercantile e quindi monetaria. Nei pochi mesi che intercorsero fra la morte di J. Stalin e l’agosto del 1954 le tesi di L. D. Yaroscenco ( che erano poi quelle dell’Accademia Comunista Bukharin-Preobrazhensky 1925-26) diventarono dominanti, e cioè si sostenne che il valore, la Legge del valore, la circolazione mercantile, il credito, la moneta, ecc, nel socialismo cambiavano fondamentalmente la loro natura, per cui -come si è già detto- si potevano utilizzare liberamente senza danno per la base socialista. Già nel maggio 1953 fu abbandonata la prospettiva dello scambio dei prodotti e ampliata la circolazione monetaria, mentre prima, in aprile, si era deciso di dare un colpo alla direzione pianificata centralizzata ( Gosplan) e ampliati i poteri e le competenze dei vari Ministeri economici. Nel Plenun del C.C. del Partito del settembre 1953 furono alzati i prezzi delle merci dei kolchoz fornite allo Stato, fu diminuito il volume delle merci che obbligatoriamente dovevano essere consegnate e allentati i vincoli dei kolchoz rispetto al piano economico centrale. La pressione della borghesia nel campo della teoria economica, già forte negli ultimi anni di vita di J. Stalin, dilagò subito dopo la sua morte. Nel maggio ’53 fu deciso di espandere il “commercio sovietico”, furono poi estesi i poteri dei Direttori delle imprese e su questa via si giunse alla signoria di questi ultimi sulla gestione economica, finanziaria e della forza lavoro. Dopo l’eliminazione delle ultime e ormai sconfitte resistenze ( Molotov – Kaganovic – Saburov), nel Luglio ’57 furono venduti i macchinari agricoli ( mezzi di produzione) ai kolchoz, e nel settembre ’57 fu introdotto il principio che le imprese dovevano operare unicamente sulla base della reddittività (e poi in seguito del profitto)! Il nocciolo dell’offensiva borghese non era per un caso il valore e la legge del valore, su questo punto si giocava il principio del diritto borghese, l’ultima roccaforte del vecchio mondo. Il valore è -come noto- il concetto più generale ed esauriente della produzione mercantile, ponendolo al centro della politica economica dello Stato sovietico si faceva marciare all’indietro il cammino della Storia. Scriveva K. Marx: “Ciò che può mutare in condizioni storiche diverse non è che la forma con cui quelle leggi si impongono”, e la borghesia nell’URSS approfittando del fatto che le Leggi non possono essere cambiate, finse di credere che cambiando la forma, (il carattere), cambiava anche il contenuto, e ripristinò il suo dominio nel campo economico e da qui gradualmente, in tutti i campi sociali. Con J. Stalin avevamo il dominio del proletariato sulle Leggi oggettive che continuano ad operare nella società di transizione (il socialismo), ed esse venivano utilizzate nel quadro della politica per creare le condizioni materiali della loro estinzione, con N. Krusciov , il libero dispiegarsi delle vecchie Leggi ricreò le basi economiche della borghesia. Infatti, l’ espansione della produzione mercantile ampliò il ruolo del valore e della Legge del valore; la merce, cellula del capitalismo, -è noto- contiene in sé l’ embrione del lavoro salariato e del Capitale. Sulla base di una simile politica economica, il programma di N. Krusciov (1961) di instaurare il comunismo, portò invece al capitalismo di Stato, prima, e poi al capitalismo classico. Concludendo, qual’ era il programma di J. Stalin per il passaggio dell’ URSS al comunismo? Il Partito deve, attenendosi alle Leggi dello sviluppo economico della società, creare un nuovo rapporto -comunista- delle masse con il lavoro, dato che il socialismo “è quella società che si sviluppa direttamente dal capitalismo” (V.I. Lenin); creare tutte le condizioni perchè le classi e le differenze di classe esistenti nel socialismo, scompaiano, compreso il contrasto fra lavoro manuale e intellettuale, che appunto solo nel comunismo verrà liquidato. J. Stalin ha sottolineato più volte che il passaggio al comunismo sarà difficile e complesso, ed ha messo in guardia contro la tendenza alla sconsiderata corsa in avanti verso le forme superiori, e la necessità di attenersi rigorosamente ai processi reali. Che è necessario superare vari stadi dell’ educazione economica e culturale della società, che il comunismo è il risultato dell’ attività creativa delle masse guidate dall’ avanguardia che conosce le leggi economiche di sviluppo del socialismo. Tre, secondo J. Stalin, sono le condizioni fondamentali per giungere al comunismo: crescita ininterrotta della produzione, specie dei mezzi di produzione; elevare l’ economia dei kolchoz al livello dei Sovchoz, della proprietà socialista, sostituendo gradualmente la circolazione mercantile con lo scambio dei prodotti; sviluppo completo delle capacità fisiche e mentali di ogni membro della società, diminuendo il tempo di lavoro e consentendo la libertà di scegliersi la professione. Dunque, l’ obiettivo del socialismo, per giungere al comunismo è assicurare il massimo soddisfacimento dei bisogni materiali e culturali di tutta la società, e ciò presuppone un’ alta produttività in grado di dare -in un tempo inferiore- un’ assoluta abbondanza di prodotti di consumo. Questa abbondanza porrà fine all’ influenza delle Leggi economiche capitalistiche e la riproduzione allargata insieme all’ impegno scientifico e culturale di ogni membro della società, aprirà orizzonti inimmaginabili all’ umanità. J. Stalin ha argomentato che nell’ URSS lo Stato si potrà estinguere solo quando il socialismo avrà trionfato nella maggioranza dei paesi. Egli ha genialmente individuato nell’ inizio dello scambio dei beni necessari -fermo restando la proprietà socialista dei mezzi di produzione, in particolare rispetto alla questione delle Stazioni di Macchine e Trattori- l’ embrione di quei fenomeni che appartengono al futuro, al comunismo. Per il superamento del contrasto fra lavoro intellettuale e manuale J. Stalin indicava la necessità dell’ insegnamento politecnico obbligatorio per tutti, proprio per consentire di scegliersi liberamente la professione, e che per fare ciò si dovrà giungere alla riduzione della giornata lavorativa a 5 ore. Infine, la crescente produttività del lavoro, aumentando la massa dei beni disponibili, farà diminuire costantemente i prezzi, ed aumentare i salari reali, restringendo la circolazione monetaria. Oggi, al movimento comunista si pongono nuovi compiti. Il primo conflitto mondiale ha generato il primo grande Stato socialista, il secondo conflitto, il Campo Socialista, la prossima crisi generale dell’ imperialismo capitalistico, che è divenuto un sistema unico interdipendente, potrebbe provocare il suo crollo generale. E’ attuale l’ indicazione di Stalin: “Oggi si deve parlare dell’ esistenza delle condizioni oggettive per la rivoluzione in tutto il sistema dell’ economia imperialista mondiale considerato come un unico assieme in quanto sistema complessivo è già maturo per la rivoluzione”.

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EL XX CONGRESO,el  golpe  de estado ,el  Thermidoro de  Jruschov

La restauración del capitalismo en la Unión Soviética: enorme, complejo y actual problema, todas las clases sociales, los que políticos e ideológicos, dan su interpretación de acuerdo a sus intereses y sus concepciones. Para los comunistas y progresistas pulse regresiva entender este fenómeno con el fin de atender adecuadamente las futuras experiencias revolucionarias, que se propondrán en una fase temprana y de un tamaño muy superior. Omitimos, en este trabajo, tanto en el análisis de la interpretación de las fechas jruschovistas fenómeno de la burguesía y la reacción y las presentadas en las últimas décadas por la pequeña burguesía “revolucionaria” urbano y rural, por los enemigos del progreso social, de la ideología proletaria, la calumniadores de las heroicas luchas de las clases oprimidas, que llevaron por el camino que nos llevará al comunismo. Por la misma razón, no vamos a hacer una reconstrucción histórica del jruschovismo, ni una refutación detallada de sus teorías, que terminó miserablemente con la tesis de Gorbachov, no del todo original, que el comunismo es una utopía. Partimos por tanto, de los datos concretos, los más elocuentes: la burguesía durante décadas, la Unión Soviética, tomó el poder.

La lucha de clase de la burguesía contra la dictadura del proletariado, su forma, si se me permite decirlo, más sofisticado, ocurre en el terreno de la teoría aquí es el “talón de Aquiles” del sistema de transición: el socialismo. Se ha dicho con razón que la burocracia ha sido un factor en la restauración, pero la burocracia es un producto de la presión y la degeneración burguesa, no es la burguesía, se argumenta con razón que la división entre el trabajo manual e intelectual, el notable peso social de los técnicos, la existencia generalizada de la ideología burguesa entre las masas, son los límites que pueden dar lugar, en determinadas condiciones, a menguar, pero estos son muy evidentes, presente en todas las sociedades de la transición al comunismo, y tal las tareas del socialismo resolver estos problemas. Se hizo hincapié en todos los aspectos, los peligros derivados de las presiones de todo tipo de imperialismo, pero a pesar de que este último ganó. Sabemos que las primeras tareas de la dictadura del proletariado es la liquidación de la base económica de la existencia de la burguesía, la propiedad privada de los medios de producción (y la aplicación del principio socialista: de cada cual según su capacidad, a cada cual según su trabajo), y la creación gradual de las bases materiales y culturales para el comunismo (de cada cual según su capacidad – completamente desarrollado, con la superación del antagonismo entre el trabajo manual e intelectual – a cada uno según sus necesidades, gracias a la abundancia de productos y el agotamiento de la ley del valor y por tanto de la circulación de mercancías y la política monetaria). Pero las tareas del socialismo, por encima de resumen, como la experiencia lo ha demostrado, no son todo el problema. ¿Dónde está la clase media, ya que sigue existiendo a pesar de ya no fundamentalmente su base económica?

¿Cuál es su fuerza y ​​sus peligros? ¿Por qué tomar el poder en el corazón de la propia fiesta? Un hecho histórico es cierta: los representantes de los más “famosos” ideología anti-socialista (como Trotsky y Bujarin) no eran burócratas, y se consideraban comunistas. Y así lo creían Khrushchev, Breznzv, etc. Vuelva a leer el informe en el XIX Congreso del PCUS (b) (1952), Malenkov, o pensar en la “Gran Revolución Cultural” o la “revolucionar” chino en Albania, que todos planteó el problema de la lucha contra el peligro de la restauración, la cuestión se repite: ¿dónde está la burguesía? ¿Dónde y cómo funciona? El hecho es que la burguesía, con su dueño ideología conserva durante mucho tiempo, durante generaciones, un enorme poder en la teoría y, más precisamente, por razones filosóficas.

Lenin siempre hizo hincapié en la importancia de combatir la ideología pequeño-burguesa, sobre todo campesinos, y como revisionismo moderno es a la vez el producto del imperialismo internacional, pero a la luz de lo negativo, creemos que se debe colocar en el centro la atención el asunto de la liquidación del dominio teórico de la burguesía. Nos vemos en la práctica. Desde su fundación, el Partido Obrero Socialdemócrata de Rusia ha tenido en su seno una corriente (los mencheviques), que la teoría de que Rusia podría pasar al socialismo sólo después de que se estableció que el capitalismo y completamente desarrollado. ¿Cuál era esta teoría, si no el intento de la burguesía de hacer valer su poder? Esta tesis fue respaldada por Bogdanov, de Trotsky y Bujarin, y fue la base teórica de la que brotó entonces las políticas económicas apoyadas por el economista Yaroshenko, de Jruschov y sus seguidores. Por supuesto, entre todas éstas había motivaciones políticas diferentes, y todos estaban convencidos de que son marxistas, pero no lo eran, como demuestra la historia. ¿Cuál fue el fundamento de sus desviaciones? Fue su base teórica. Se habían abrazado la ideología comunista idea, pero eran portadores de las formas de pensamiento, que eran la herencia de la ideología milenarista de la explotación. El empiriocriticismo, el idealismo, el racionalismo, la metafísica y así sucesivamente. Cada uno de ellos por lo tanto, actuó en condiciones históricas diferentes, pero todos ellos llevaban sus tesis, y han dado lugar al capitalismo. Eran, sin importar si conscientemente o no, agentes de la burguesía, incapaz de asumir la teoría del proletariado: el materialismo dialéctico e histórico. La historia nos enseña que la revolución proletaria gana cuando la clase impone su hegemonía en el plano teórico, y viceversa pierde energía cuando pierde la hegemonía en el partido. Así fue con Lenin y Stalin, y en contraste con los jruschovistas; revolución coincide con un alto voltaje de sus teóricos y teóricas de género, sus líderes. No es un caso en contra de este último accaniscano el “revolucionario” pequeños burgueses y de los enemigos de la clase obrera. Como veremos más adelante la llamada crítica “del culto a la personalidad de J. Stalin “, de hecho, el propósito de afectar la teoría del socialismo del gran bolchevique. No estamos discutiendo aquí, por supuesto, la tesis nihilista, toda la cultura es patrimonio progresiva de los pueblos, su recorrido histórico y como tal debe ser estudiado y preservado. ¿Pero por qué, cabe preguntarse, a la burguesía defiende ferozmente su mundo en la concepción teórica campo del mundo, la sociedad y el pensamiento, la filosofía? ¿Por qué es consciente de que la pérdida de la primacía de la teoría (después de esa declaración) constituye la derrota final. Porque ella sabe que se derivan de la metafísica y formas idealismo del pensamiento científico, Lea y categorías, que cuando se aplica a la política o la economía, pueden obstaculizar la revolución contra el mundo burgués, para restaurarlo. Toda la historia de la clase en decadencia muestra la importancia que éstos han dado a la férrea defensa de sus concepciones. El pensamiento es una forma de materia, y puede convertirse en una gran fuerza política, el material, capaz de cambiar el estado de cosas. La burguesía sabe que la transformación contrarrevolucionaria de la superestructura conduce a la alteración de la base económica. Cuando es el primer fallo importante del PCUS (b) frente a la teoría de la ofensiva de la burguesía? Como usted sabe, el Pleno del Comité Central del PCUS (b) de Stalin marzo 1937 presenta una serie de argumentos sobre el peligro de la restauración capitalista, es decir: el socialismo y el imperialismo son fenómenos interdependientes, lo que condiciona la otra, el imperialismo no es es sólo una condición externa, la lucha de clases contra la burguesía continúa en el socialismo, en una aún más aguda en el suelo teórico y político (no de los obreros, campesinos e intelectuales revolucionarios, por supuesto), el socialismo crea sus formas, pero estos pueden ser vaciadas de su contenido de clase.

Y en torno al principio de la lucha de clases bajo el socialismo, su carácter agudo, que rompe la lucha teórica y de la oposición, hasta el punto de que esta tesis será silenciada y manipulada en los años siguientes, lo que llevó a Stalin a declarar durante la Segunda Guerra Mundial “Yo sé que después de mi muerte en mi tumba traerá una gran cantidad de residuos, pero el viento de la historia, tarde o temprano voy a borrar sin piedad. No creo que esto sucederá pronto, porque es muy probable que en los cerca de bujarinistas futuros, los anti-estalinistas fervientes, tomarán el poder en este país “(Molotov-” Memories “). Así, las concepciones burguesas no son relegados al ámbito académico, descienden a la arena de la lucha de clases, la base fundamental de la ciencia económica.

¿Por qué incursionar en política económica y con menos fuerza en la física, la biología y otras ciencias? porque la burguesía entiende que es la política económica que pueda llevar a cabo el trabajo de frenado y la desviación. Ciertamente, la burguesía se apoya el imperialismo, se aprovechan de los límites del socialismo, y se alió con la aristocracia obrera, con los tecnócratas y el aparato, en el que se burocratizado, pero ella es como actos internacionales de la nacionalidad y la clase con las herramientas que se dejan. La burguesía en la Unión Soviética no ha dejado la lucha contra la dictadura del proletariado cuando se opuso a la toma del Palacio de Invierno (Kamenev y Zinoviev), cuando peleó contra la tesis leninista de la posibilidad del triunfo del socialismo en un solo país (Trotsky), cuando se piensa que es imposible construir el socialismo y el fascismo derrota (Bujarin, Radek y compañía), e incluso después de la derrota de estos agentes ideológicos y políticos. La purga del 36 – 37 y 38, la victoria sobre el nazismo, la creación de la gran bloque socialista y las grandes victorias de la construcción socialista en la URSS, no interrumpió la oposición de la burguesía, que sólo cambió las tácticas, las formas. Aniquilada por la política de Stalin se disfrazó leninista y sus fortalezas ideológicas, maniobró en el terreno de la teoría, el centro neurálgico de la dictadura del proletariado, con el fin de recuperar el poder. La revisión cuidadosa, como hemos dicho, el debate teórico y político no sólo de los años 30, pero la mayor parte del período posterior a la Segunda Guerra Mundial (1946-1955), por no hablar de los años que siguieron, muestra la existencia de dos líneas en el PCUS (b). La de Stalin que se centra en la construcción del comunismo, la lucha de clases, y que por lo refinado suficiente para negar la realidad, centrándose principalmente “en la sociedad política, ideológica y moral de los soviéticos.” Tendencia que hace hincapié en que, como veremos, la presión ideológica ejercida por el imperialismo, la existencia de los fenómenos generalizados de la burocracia y la grave escasez de democracia proletaria, sino que niega el principio de la lucha de clases, como condición para acceder a construir el comunismo (que : conditio sine qua non). Parece, pues, evidente en la documentación, que, si bien la tesis de Stalin, está envuelto por una cortina de humo (con declaraciones altisonantes sobre el reloj en contra de los enemigos del Partido, el papel de la crítica y la autocrítica, la necesidad de que el trabajo ideológico fundamental), no dice nada en la teoría de la lucha de clases. Hay un periodismo que tiene un tiro en la llanta y el barril, proclamándose “Stalin”, que debería incluir a los miembros del Presidium del PCUS y académicos como Konstantinov, Ostrovitianov, Rosenthal (por nombrar algunos) y otros, como los economistas ya mencionados , Voznesensky y Yaroshenko en cambio, son abiertamente en el abierto, (marginados y después de vivir con Stalin rehabilitado). Veamos algunos hechos, para comprender el brote de la llegada de jruschovismo. En su informe al XIX Congreso de P.C. (B) (5 octubre 1952) Malenkov por lo que dijo: “El trabajo ideológico es la tarea principal de la fiesta, y la subestimación de este trabajo podría causar un daño irreparable a los intereses del partido y del Estado. Siempre debemos tener en cuenta que cada vez que se debilita la influencia de la ideología socialista, que fortalece la influencia de la ideología burguesa. En nuestra sociedad soviética no existe y no puede existir una base (ver nota) clase de la dominación de la ideología burguesa. En nuestro país predomina la ideología socialista, que es el fundamento inconmovible del marxismo-leninismo. Sin embargo, todavía tenemos residuos (nota) de la ideología burguesa, supervivencias de la psicología y la moral de la propiedad privada. Estas supervivencias no se extinguen por sí mismos, son muy resistentes y capaces de desarrollarse y deben ser combatidos en contra de una lucha resuelta (…) los elementos, a nosotros los extranjeros, procedentes de los residuos de la escoria de la derrota de nuestro partido leninista, tratan de estirar sus manos en aquellas áreas de la labor ideológica “y así sucesivamente.

Aquí puedes ver cómo se da por sentado el hecho de que la base socialista existente, no se dan las condiciones “para la dominación de la ideología burguesa”, y cómo se da por seguro el dominio de la ideología socialista, por lo que el riesgo puede sólo vienen “de los residuos de espuma anti-leninista”. El problema, entonces, no se ve en toda su complejidad, ya que la superación crítica del patrimonio cultural de la burguesía no pretende ser una lucha de clases continúa. En realidad subestima la enorme función que la ideología burguesa en el ámbito internacional. El hecho de que las concepciones burguesas recrean con los nuevos problemas que están en el camino hacia el comunismo. Además, el énfasis en la ideología, de la teoría en sentido estricto, se da por la adquirida y amenazado sólo por los grupos anti-leninistas. Este ajuste se producirá el dogmatismo, la falta de comprensión de la profundidad y la complejidad de la lucha contra las concepciones burguesas que tienen enorme fuerza regenerativa, y por lo tanto, el rechazo de la lucha de clases en la teoría de que las relaciones de producción.

El siguiente paso será en consecuencia hecho. Citamos un ejemplo. Tres meses después de la muerte de Stalin aparece en el número 8 (mayo de 1953) de la revista “Kommunist” teóricos un artículo largo y autoridad llena de referencias a Lenin y Stalin en contra de las “teorías reaccionarias” que exaltan la “personalidad elegida” y que sería el único determinante “hacedores de la historia”, “contra el culto a la personalidad” siempre apoyaron este principio por Marx, Engels, Lenin y Stalin, y luego compartió, sólo que uno se pregunta: El propósito de este artículo era pesada para poner fin al culto de la burocracia que se oculta detrás de las alabanzas de la personalidad gigantesca de Stalin, o era otra persona? Era otra! También se afirma en el artículo en cuestión: “En las condiciones actuales de desarrollo de nuestra sociedad, donde no hay clases antagónicas y que es moral y políticamente unida, no hay ni siquiera la base social de las desviaciones en el partido.” Aquí está el quid de la crítica de J. Stalin! A continuación, seguir, en un crescendo, cientos de otros artículos de este tenor, que concluirá con el informe secreto de Jruschov al XX Congreso del PCUS (1956), en contra de Stalin, que cubrirá la línea de la traición total de socialismo y El marxismo-leninismo con las “teorías” del Estado y el partido de todo el pueblo y la transición pacífica al socialismo. Una última cita en este sentido. en el libro “Las raíces de la filosofía marxista” (Osnovy marksistskoj Filósofos – Moscú, 1958) por los autores una vez estalinistas, como Konstantinov y Rosenthal, se dice, entre otras cosas: “Estas diferencias radicales (entre la primera etapa del socialismo, y una supuesta segunda, que se caracterizan por la unidad socio-política e ideológica de todas las personas (Ed) fueron ignorados por la famosa tesis de Stalin de que la lucha de clases sería debido empeorar a medida que crecían cada vez más las fuerzas del socialismo Esta tesis de Stalin, inconsistentes y contradictorias al marxismo en teoría, siguen en el libro traído graves daños a la causa de la construcción socialista. dentro del país ya no existe terreno para una lucha de clases. punta de la lucha de clases se volvió hacia el exterior … También se mantiene la necesidad de combatir la influencia ideológica del mundo capitalista … todavía quedan elementos antisociales y criminales … Tienen una omnilaterale desarrollo de las funciones principales del estado socialista, la situación económico-organizativo (nota), y el educativo y cultural … “. La distancia entre la línea de Stalin y sus sucesores que es explícito. Stalin, unos meses antes de su muerte, en su obra” Los problemas económicos de El socialismo en la URSS “en vez escribió:” Es cierto … que en el socialismo la función autónoma de las relaciones de producción, es decir, desaparecen económica … El marxismo considera la producción social en su conjunto, que tiene dos aspectos inseparables: las fuerzas productivas de la sociedad (…) y las relaciones de producción … Yaroscenko nos da algo sobre el tipo de “ciencia general de la Organización” de Bodganov (nota) … camarada Yaroscenko mal diciendo que en el socialismo no hay contradicción entre las relaciones de producción y las fuerzas productivas Las contradicciones de la sociedad … sin duda existen y existirán … Con una política correcta de los órganos de gobierno de estas contradicciones no se puede convertir en un conflicto, y no se puede llegar a un conflicto entre las relaciones de producción y las fuerzas productivas de la sociedad. Pero no sería tan si hacemos una política equivocada, como la recomendada por el camarada Yaroscenko. En este caso, el conflicto sería inevitable, y nuestras relaciones de producción podría llegar a ser un freno muy grave el desarrollo de las fuerzas productivas, sería una ceguera imperdonable no ver que al mismo tiempo, estos fenómenos comienzan ahora mismo para frenar el potente desarrollo de las fuerzas productivas … “. Esta obra maestra de Stalin puede considerarse la contribución fundamental que ha querido dejar que te vayas por el camino correcto y desarrollar la teoría y la práctica de la revolución comunista. En Stalin era por lo tanto consciente de que los enemigos de la clase obrera siguieron actuando en la superestructura, y nos muestra claramente la continuidad que existe entre Bogdanov y Bujarin Yaroscenko.

Jruschov y sus secuaces eran el personal político de estos enemigos del comunismo. También podemos decir que la crítica de que nuestro movimiento ha hecho que el revisionismo moderno se llevó a cabo, básicamente, lo ideológico propuesto por los sucesores inmediatos de J. Stalin. No ‘Conexión a la base teórica de las instrucciones de Stalin, y cuando este compromiso se llevó a cabo (Albania y China), o no tenía una profundidad adecuada, o haya sido objeto de tipo deformación subjetivista, economicista, nacionalistas o anarquistas. Por esta razón, todavía sucede que se le atribuye al socialismo y los comunistas, como tal, las causas del fracaso, debido a la incapacidad de profundizar en el análisis de la experiencia, de modo simplista que se establezca o que no se puede construir el socialismo en un país, o que la derrota se debió a la “modelo estalinista” (pero China, Viet Nam y otras experiencias desmantelar esta tesis), o, como se ha dicho, la imposibilidad de hacer frente a las presiones de todo tipo imperialismo, a verticism y así sucesivamente. Si la condena a Stalin a Jruschov sirvió para evitar un retorno a sus teorías, a la corriente “crítica” Stalin utilizó su negativa a atacar leninismo.

En realidad usted tiene algunas dificultades para superar crítica del revisionismo moderno, no dogmática y la estricta aplicación del materialismo dialéctico e histórico, incluso en nuestro Movimiento, además de, por supuesto, en los partidos y movimientos políticos del antiguo bloque socialista.

Son instructivas a este respecto las memorias de Kaganovich y Molotov, estos últimos volvieron al PCUS en 1984. Cuatro décadas de revisionismo llevado a la confusión y graves retrasos en el desarrollo de la teoría filosófica y en las desviaciones económicas que llevaron a la derrota.

Es s cierto que en la cara de la Historia del Movimiento Comunista sigue siendo un niño, lo cierto es que, además de grandes cambios en la estructura económica, hay que seguir, sobre la base de nuestros grandes pensadores clásicos, una revolución en el pensamiento que demoler la primacía cultural de la burguesía como lo hizo con G. Rousseau y F. A. Voltaire y que llevaron a la 1789. Es posible que hayamos sobreestimado los cambios hombre socialista, estos cambios se producen mucho más lentamente que los de la estructura económica. Además, los componentes sociales nacionales que se han fusionado con los movimientos comunistas en el contexto de los grandes procesos revolucionarios, se tomaron el tiempo con la ventaja, gracias a la fuerte presencia de las corrientes de pensamiento revolucionario pequeñoburgués, derrotando a las concepciones del proletariado (leninismo). Tiene que reflejar el hecho de que a menudo tienen sus propios camaradas de armas de V. I. Lenin, J. Stalin y otros revolucionarios, los arquitectos de la restauración, por ejemplo, N. Khrushchev entre XX y XXII Congreso del PCUS habe expulsado  medio millones de cuadros comunistas .

Por lo tanto, los límites objetivos de la revolución (la presencia de una gran masa de pequeños productores campesinos, una clase media urbana micro, la superioridad de los trabajadores de la cultura sobre las del brazo, la ideología generalizada de la sociedad anterior de la explotación, el colector y feroces actividad contrarrevolucionaria imperialista) son los principales problemas en el camino hacia el socialismo y el comunismo, pero la pregunta que decide todo es la existencia de un partido capaz de dirigir a la clase obrera en los caminos no hollados de la revolución más grande que la humanidad tiene nunca se reunió, una Parte entonces capaz de liquidar no sólo la propiedad burguesa, sino también para superar la crítica, repetimos, la enorme herencia teórica que la sociedad de la explotación se han acumulado. La posibilidad de regenerar la burguesía en los países socialistas tiene el potencial, por lo tanto, en el mismo carácter de estos regímenes, para este J. Stalin siempre ha sostenido que la lucha de clases es el contenido fundamental de la lucha por el socialismo, tanto en el campo de las relaciones económicas, que en el ámbito de la ideológica y teórica, la contrarrevolución comenzó en la parte superior, en el terreno teórico, ideológico y político, en continuidad con Bogdanov-line Bujarin, mientras que la base económica de la nueva burguesía estaba totalmente adquirido a lo largo de los años Brezhnevite, gracias a las medidas kruscioviane relacionado con la planificación, la gestión de los medios de producción y la esfera de la distribución. La tesis Bogdanov, Trotsky, Bujarin, Yaroshenko, Khrushchev, positivista y racionalista, tan idealista y anti-dialéctico, llevó a la afirmación de algunos dogmas metafísicos que llevaron al caos, al estancamiento y la restauración en todos los campos. Como el dogma anti-dialéctica del fin de la lucha de clases, o el dogma de que la forma de propiedad estatal coincide con el socialismo para que las condiciones de la URSS no podría existir ninguna forma de propiedad burguesa. El formulario se cambió por el contenido y no se dijo nada acerca de las relaciones económicas reales que constituyen la esencia de un sistema social. Y así, la burguesía recuperó el poder. Leamos las palabras de N. Bujarin al proceso que se llevó a cabo en presencia de periodistas y diplomáticos occidentales: “Si usted quiere hacer, en la práctica, mi plataforma programática, será de la siguiente manera, con respecto a la economía: el capitalismo de Estado, los ricos que se ejecuta mugiko sus activos, la reducción de los koljoses, las concesiones extranjeras, el abandono del monopolio del comercio exterior y, en consecuencia, la restauración del capitalismo en nuestro país “,” … En el interior del país, nuestro programa fue de hecho, y Creo que hay que decirlo con claridad, deslizándose hacia la libertad … la libertad de los partidos democrático-burgueses. ” Por tanto, la conclusión es que en el socialismo el objetivo hace que sólo crea la posibilidad del nacimiento de revisionismo, mientras que los factores subjetivos para convertir esta posibilidad en realidad. Los factores subjetivos se hacen principalmente por la mayor o menor aptitud de la Parte, su liderazgo, para estar a la vanguardia del pensamiento, reconocer desviaciones revisionistas y oponerse a ellos.

Todas las experiencias revolucionarias de este siglo se caracterizaron por la presencia de tendencias ideológicas fuertes pequeños burgueses, en antagonismo con el leninismo. Este último fue frustrado continuamente en la URSS, no asimilada o deformada en el ámbito internacional.

En resumen, el proletariado ha encontrado y siempre será, en su lucha por el comunismo, rodeado de pequeña producción que genera el capitalismo y burguesía constantemente, será por mucho tiempo amenazada por los intentos de la pequeña burguesía y la aristocracia de trabajo para hacerse cargo de la la dirección de la lucha, por eso el proletariado debe destruir todas las relaciones sociales que corresponden a las relaciones capitalistas de producción, “… para la subversión de todas las ideas que brotan de estas relaciones sociales.” (K. Marx, Las luchas de clases en Francia)

Con V. I. Lenin y J. Stalin ganó el proletariado, con el titoismo, el jruschovismo, etc. nuestro movimiento fue derrotado, esto es un hecho.Hemos dicho que la burguesía lleva su ataque sobre el terreno las especies teóricos más sofisticados en la ciencia de la economía y el trabajo de la mencionada J. Stalin tenemos una fuente inagotable para entender cómo la burguesía actúa bloqueando la dialéctica de la revolución, para detener el proceso.

Es con este fin, propone nuevas formas de la metafísica, de manera de alimentar el idealismo y el subjetivismo en la política. En este sentido, el debate se llevó a cabo en la URSS, y duró veinte años en torno al “Manual de Economía Política”, y que ha afectado a todos los problemas de la filosofía y la economía es esclarecedor. No fue una discusión académica, pero el destino del socialismo en la URSS, por esta razón vamos a entrar brevemente en el fondo, teniendo como referencia la declaración de F. Engels, según la cual la estructura económica es la base, la fuente de toda la sociedad, pero también inmensa superestructura juega un gran papel en los procesos históricos. La burguesía, los enemigos del socialismo en la Unión Soviética, han impedido la construcción del comunismo, que se espera dentro de 15 años a partir de 1941. Han actuado evidentemente, sólo existe en el partido, alegando que ya no había la necesidad de revolucionar las relaciones sociales.

Esa espontánea socialismo comunismo sería sólo gracias al desarrollo de las fuerzas productivas, la “teoría de las fuerzas productivas”, fue la ideología oportunistas de la II Internacional, un derivado del positivismo burgués. El positivismo, como hemos dicho, negado y niega la dialéctica objetiva, contradicciones, sobre todo en el ámbito social, de esta manera niega la existencia de las leyes de la transformación revolucionaria ininterrumpida, sobre todo las leyes generales (filosófica). L. Trotsky y N. Bujarin fueron dos ejemplos de los “clásicos” del positivismo.

Esta corriente de pensamiento burgués no teniendo en cuenta, no estudiar de manera concreta el desarrollo de los procesos reales, es un requisito previo para el subjetivismo desenfrenado, ver: la teoría de la “revolución mundial” por L. Trotsky, que era necesario imponer la realidad, con el simple acto de la voluntad, y la teoría de N. Bujarin, que terminó con la economía política del socialismo, que ya no existía para las leyes económicas y podría ser aplicada para “libremente” cualquier política económica, sin perjuicio para la construcción del socialismo y el comunismo.

Mismo con el proceso que habría condenado, admitió finalmente, como hemos visto, ¿qué consecuencias podría causar su política. Entonces Su línea fue adelantada por otros, y estaba en N. Khrushchev su mayor intérprete.

Este último, como es sabido, fue acusado por sus propios compinches, del subjetivismo y se refiere como el único responsable del caos político y económico. Como es bien entendido por J. Stalin, bujarinistas mientras que, por un lado, negó oficialmente el objetivo de las leyes de la economía socialista, por otro lado, con este sofisma, oculta el hecho de que argumentando que dieron rienda suelta a los Read burguesa y categorías que el socialismo y el capitalismo, que se hereda de en el nuevo régimen, el cambio de su naturaleza, la necesidad de agotar poco a poco su función y desatar las nuevas leyes económicas que permiten el paso del socialismo al comunismo.

Y “Este es el quid de la cuestión! E ‘de estas concepciones que se originan todas las tesis jruschovismo política y económica. La táctica de la burguesía era simple: vestir con fórmulas por lo tanto no imputables al oportunismo burgués ultra-izquierda, para actuar libremente con el pretexto del comunismo. Pero nos metemos en esto. El debate gigante (y democrático) en la URSS, antes y después de que el XIX Congreso del PCUS (b), sacó a la luz todos los problemas, sobre todo a través de la obra de J. “Problemas económicos del socialismo en la URSS de Stalin”.

La ofensiva principal Stalin fue articulada en todas las ciencias:. Filosofía, economía, derecho, historia, etc, pero pronto se hizo evidente la enorme fuerza ideológica que mantiene la burguesía.

La muerte de J. Stalin y las deficiencias del equipo de liderazgo hicieron que la aparición de los límites históricos que la revolución bolchevique heredó treinta y cinco años de guerras internas e internacionales, de los esfuerzos sobrehumanos para crear la base material del socialismo y de las luchas políticas, culturales lagrimeo y sin tabúes contra la corriente anti-leninista, todos obstaculizado la afirmación marxista-leninista.

Y el momento en que tenía el objetivo de marchar hacia el comunismo, como J. Stalin había previsto, se rompió otra ofensiva de la burguesía, a través de sus ideólogos.

Parece que somos capaces de decir que el límite de los cuadros comunistas que apoyaban las posiciones correctas del marxismo-leninismo era creer que las desviaciones teóricas y políticas serían derrotados gracias al poderoso desarrollo continuo de la sociedad soviética. Las desviaciones se fue entendido como una amenaza muy en serio y el resultado de las concepciones burguesas, y como tal se informó, pero pensaron que era simplemente la lucha ideológica y no prevé que estas desviaciones se convertirían en una fuerza política y tomar el poder.

También hay que decir que no había ninguna experiencia histórica anterior, pero no había instrucciones explícitas dadas por Stalin, sin embargo, una cosa es cierta: el núcleo de Stalin era una minoría. No hay que olvidar que la corriente anti-leninista fue muy fuerte en los años 30. N. Bujarin trató de romper la dirección de J. Stalin y V.L. Lenin (lo admitió frente a este último). Algunas fuentes dicen que J. Stalin fue elegido para el Congreso en el Código Civil y al menos una ocasión, se presentó a la CC su renuncia. Se confirma todo lo que nuestra tesis de que la revolución socialista se enfrenta a un gran obstáculo, tal vez subestimado por desconocidos en su resistencia, precisamente, el de las viejas concepciones de la vieja sociedad. Esto es aún más cierto para un país como la URSS, que venía de un mundo feudal y que tenía una inteligencia débil y atrasada.

El debate planteado por los enemigos de la tesis de J. Stalin emerge en resumen estas concepciones: el idealismo, por lo que el objetivo se convierte en subjetivo (y viceversa), y se invirtió el principio materialista en las diversas ciencias afirmado el principio de dependencia idealista de las leyes objetivas del desarrollo de la conciencia.

Numerosos estudiosos tenían dificultades para pasar de la aparición de los fenómenos a su esencia, por lo que a estas categorías burguesa agotado gradualmente su función, en su contenido, en la fase del socialismo. A partir de este valor se situó el voluntarismo, según la cual las leyes y categorías se transforman por la voluntad, extendió el formalismo, por lo que llamó el nuevo contenido social, el avance de la dialéctica de las relaciones sociales, y tomó la escuela pie, ignorado a continuación, la indicación de J. Stalin según la cual el antiguo conserva la forma y que sirve para un determinado período de la nueva.

Y eso, en la economía política, “Las nuevas relaciones de producción son la fuerza principal y decisivo que determina el verdadero sentido de la palabra más fuerte es el desarrollo ulterior de las fuerzas productivas” y que este “es uno de los principales elementos de la dialéctica materialista marxista” (J. Stalin).

Las ideas erróneas, habiendo olvidado y subestimado la indicación de Lenin de que “también hay estructuras económicas”, tendencia que favoreció aventurerismo económico, el gran peligro indicado por J. Stalin lo mismo con L.D. Yaroshenko tenemos “una especie de primacía de la ideología burguesa sobre la” ideología marxista. “

De hecho, el idealismo subjetivo al identificar el objetivo con la espontánea condujo a la identificación del capitalismo con el socialismo, con un daño irreparable a la causa revolucionaria, con N. Khrushchev hizo cargo de esta basura ideológica causando la teoría del caos. El estudio, (la investigación filosófica) se fosiliza y se separó de ciencias específicas.

En economía política, esta separación entre la filosofía y la economía condujo a la metafísica, a la idea de que hay una correspondencia total entre fuerzas productivas y relaciones de producción (Glezerman) productivos a la teoría existente de que la economía de los productos básicos (entre el Estado y las granjas colectivas) de la Ley valor regula la producción y la distribución de la fuerza de trabajo, la tesis de que el trabajo es una mercancía (Merzenev y Mikolenko), que la categoría de capital es aplicable a la economía socialista (Yakovlev), que tiene la tasa promedio Ganancia (Atlas), y así sucesivamente. La aparición (1945 – 1952) de estos esquemas metafísicos áridas fue denunciado, sobre todo en los años ’52 – ’53, pero se pensaba que había una fuerza capaz de organizar una resistencia efectiva y la oposición a las fuerzas del socialismo, y esto Como hemos dicho muchas veces, fue el error estratégico.

La ofensiva ideológica burguesa desarrolló en muchas otras ciencias, en el ámbito jurídico (Polianskij y Strogovic), la historia (Pokrovkij), arqueología (mar), etc. Se equivocan, sin embargo, nuestros enemigos (especialmente la trotzkijsti) cuando su idealismo con el esquema sostienen que el socialismo fue derrotado y no llegan al comunismo porque no sigue un modelo ideal modelo preconcebido de que Marx, Engels y Lenin nunca soñaron proponer, desde una forma similar de pensamiento es típico del socialismo utópico. “En Marx no hay ni siquiera la sombra de un esfuerzo para crear utopías, de adivinar lo que no se puede saber(VI Lenin, Collected Works, vol. 25).

Pero, volviendo a la economía política. El debate que se prolongó incluso durante la guerra y que no es un accidente fue seguido con gran interés por la prensa en los EE.UU., por lo tanto, su preocupación por la teoría burguesa del “socialismo de mercado”, en boga hoy en día, por ejemplo en China.

En el “Manual de Economía Política”, publicado en 1954, las dos cuestiones principales por J. Stalin fue “borroso”, “olvidar”, que es la teoría de la función de las relaciones de producción y el principio de la introducción gradual de los intercambios de los productos en lugar de la circulación de mercancías y de la unión monetaria tanto.

En los pocos meses transcurridos entre la muerte de J. Stalin y agosto de 1954, la tesis de L. D. Yaroshenko (que eran entonces la Academia Comunista Bujarin-Preobrazhensky 1925-1926) llegó a ser dominante, es decir, se argumentó que el valor, la ley del valor, los productos básicos de circulación, de crédito, moneda, etc, en el socialismo cambió fundamentalmente la su naturaleza, para los que-como ya se ha dicho-que podían usar libremente y sin daños a la base Socialista.

En mayo de 1953 se abandonó la posibilidad de que el intercambio de productos y ampliar la circulación del dinero, mientras que antes, en abril, se decidió a dar un tiro en la dirección centralizada planificada (Gosplan) y amplió las atribuciones y responsabilidades de los diversos ministerios económicos.

 

En Plenun del Código Civil Partido en septiembre de 1953 se aumentó el precio de los bienes kolkhoz presentó al Estado, se redujo el volumen de mercancías que iban a ser entregados y debe desatar las ligaduras de las granjas colectivas en comparación con el plan económico central. La presión de la burguesía en el campo de la teoría económica, ya fuerte en los últimos años de la vida de J. Stalin, barrió inmediatamente después de su muerte.

 En mayo del ’53 se decidió ampliar el “comercio soviético”, fueron más tarde amplió las facultades de los administradores de la empresa y de esta manera se llegó al señorío de esta última sobre la gestión económica, financiera y laboral.

Después de la eliminación de los últimos y ahora perder resistencias (Molotov – Kaganovich – Saburov), en julio del ’57 se vendían maquinaria agrícola (medios de producción) de los koljoses, y en septiembre del 57 se introdujo el principio de que las empresas tenían que funcionar sólo sobre la base de la rentabilidad (y más tarde de la ganancia)!

El quid de la ofensiva burguesa no fue un caso para el valor y la ley del valor, en este punto tocamos el principio del derecho burgués, el último bastión del viejo mundo.

El valor es conocido-como-el concepto más general e integral de producción de productos básicos, situándolo en el centro de la política económica del Estado soviético se marchan de nuevo el curso de la historia.

Él escribió K. Marx: “¿Qué puede cambiar en diferentes condiciones históricas no es que la manera en que se imponen las leyes”, y

la burguesía en la ventaja URSS del hecho de que las leyes no se pueden cambiar, fingió creer que el cambio de la forma, ( el personaje), también cambió el contenido y restaurado su dominio en el campo económico y de ahí poco a poco, en todos los ámbitos sociales. Con J. Stalin tenía el dominio del proletariado en el objetivo Leyes que continúan operando en la sociedad de transición (el socialismo), y se utilizaron como parte de la política para crear las condiciones materiales de su extinción, con N. Khrushchev, el libre desarrollo de la vieja Leer recrea las bases económicas de la burguesía. De hecho, la “expansión de la producción de mercancías se expandió el papel y el valor de la ley del valor, la mercancía, célula del capitalismo-se sabe que contiene en sí mismo el” embrión del trabajo asalariado y capital. Basado en un tipo de política económica, el programa de N. Khrushchev (1961) para establecer el comunismo, llevó en su lugar al capitalismo de Estado, primero, y luego al capitalismo clásico.

En conclusión, ¿cuál fue el programa de J. Stalin para el paso del “comunismo URSS? El Partido debe, de acuerdo con las leyes del desarrollo económico de la sociedad, crear un nuevo informe de las masas comunistas con el trabajo, dado que el socialismo “es la empresa que desarrolla directamente del capitalismo” (VI Lenin), crear todas las condiciones debido a que existen las clases y diferencias de clase en el socialismo, desaparecerá, incluyendo el contraste entre el trabajo manual e intelectual, que de hecho se paga sólo en el comunismo.

J. Stalin señaló varias veces que la transición al comunismo será difícil y compleja, y ha advertido en contra de la tendencia a la temeraria huida hacia adelante hacia formas más altas, y la necesidad de adherirse estrictamente a los procesos reales. Lo que hay que superar diversas etapas de la “educación económica y el desarrollo cultural de la sociedad, que el comunismo es el resultado de una” actividad creadora de las masas dirigidas por el ‘avant-garde que conoce las leyes económicas del desarrollo del socialismo. Tres, de acuerdo con J. Stalin, son las condiciones básicas para llegar al comunismo crecimiento ininterrumpido en la producción, especialmente en los medios de producción, elevar la “economía de las granjas colectivas al nivel de sovjoses, la propiedad socialista, sustituyendo gradualmente la circulación de mercancías con el intercambio de productos, el desarrollo completo de las capacidades físicas y mentales de cada miembro de la sociedad, lo que reduce el tiempo de trabajo y lo que le permite la libertad de elegir su profesión. Por lo tanto, el “objetivo del socialismo para llegar al comunismo es garantizar la máxima satisfacción de las necesidades materiales y culturales de toda la sociedad, lo que supone una” alta productividad puede dar una vez-en-uno ‘abundancia absoluta menor de productos del consumo. Esta abundancia pondrá fin al ‘Leer influencia de la reproducción económica y ampliada capitalista junto con el’ compromiso científico y cultural de todos los miembros de la sociedad, se abrirá horizontes inimaginables para ‘la humanidad.

J. Stalin sostuvo que en “el Estado de la URSS se apagará sólo cuando el socialismo ha triunfado en la mayoría de los países. Se ha identificado con brillantez en el ‘principio del intercambio de mercancías necesarias propiedad sujeta-socialista de los medios de producción, en particular con respecto a la cuestión de las estaciones de máquinas y tractores-l’ de embriones de esos fenómenos que pertenecen al futuro, al comunismo. Para superar la oposición entre J. intelectual y manual Stalin se refirió a la necesidad de la “educación politécnica obligatoria para todos, sólo para que pueda elegir libremente la profesión, y para ello tendrá en reducir la jornada laboral a 5 horas.

Por último, el aumento de la productividad del trabajo, el aumento de la masa de propiedades disponibles, los precios se reducirá de manera constante, y elevar los salarios reales, la restricción de la circulación del dinero.

Hoy en día, el movimiento comunista dan lugar a nuevas tareas. La Primera Guerra Mundial creó el primer gran Estado socialista, el segundo conflicto, el bloque socialista, la próxima crisis general del “imperialismo capitalista, que se ha convertido en un sistema interdependiente, podría conducir a su colapso general.

Y “el presente” indicación de Stalin: “Ahora tenemos que hablar de la” existencia de condiciones objetivas para la revolución en todo el sistema de “economía imperialista mundial considerada como un solo conjunto, porque todo el sistema está ya maduro para la revolución.”

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...."L’ineguaglianza dello sviluppo economico e politico è una legge assoluta del capitalismo. Ne risulta che è possibile il trionfo del socialismo all’inizio in alcuni paesi o anche in un solo paese capitalistico, preso separatamente...." Lenin -Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa-Pubblicato sul Sozial-Demokrat, n. 44, 23 agosto 1915.
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